Corsica mare e monti
Diario di una settimana di escursioni nel sud dell'Île de Beauté, tra Pinarello, Bavella, Bonifacio, Roccapina e altre meraviglie
CORSICA del SUD
(26 aprile – 3 maggio 2019)
SETTIMANA ESCURSIONISTICA TRA MARE E MONTI
Organizzazione: Agostino Bormida, Nadia Berruti, Antonio Mesturini
Sabato 27 aprile 2019
LO SBARCO
Autrice: Vilma
Il traghetto attracca al porto di Bastia alle 7 in perfetto orario, dopo una traversata tranquilla con mare leggermente “lungo”. Prendiamo posto su 5 pulmini, ciascuno con nove passeggeri, e ci dirigiamo verso l’albergo a Sainte Lucie di Porto Vecchio.
Sistemato velocemente il bagaglio nelle camere, iniziamo la conoscenza di questa bellissima zona con una passeggiata lungo il Golfo di Pinarello.
Il mare ha diverse tonalità di colore secondo la profondità e la presenza delle alghe che si depositano sulla spiaggia formando spesse morbide coltri. La sabbia è bianco-grigia costituita da piccolissimi granelli che facciamo scorrere fra le dita e non lasciano nessuna traccia.
In fondo alla spiaggia inizia il Sentiero dei Doganieri che si snoda, con continui saliscendi, attraverso la macchia mediterranea: lecci, corbezzoli, fioriti rosmarini, cisti, lentischi, lavanda selvatica, piccole aiuole di fiori degli ottentotti, pungitopo e qualche presenza di agrifoglio.
Di fronte abbiamo l’isoletta di Pinarello sormontata da una delle tante torri costruite dai Genovesi. Il percorso si alterna tra sentiero e deliziose calette sabbiose, ne scegliamo una per fare il nostro pic-nic
Proseguiamo per Villata, abbandoniamo il litorale, ci inoltriamo in un fresco boschetto di querce da sughero, alcune presentano la base rossastra perché è stata già asportata parte della corteccia. Raggiungiamo la casa di Ago e Nadia e tutti facciamo rifornimento di fresca acqua.
Per raggiungere l’albergo è necessaria ancora 1 ora di cammino. Antonio si è premurato di spostare un pulmino per dare possibilità a chi è stanco di arrivare senza fatica.
Domenica 28 aprile 2019
LE BOCCHE DI BONIFACIO
Autrice: Angela
La nostra destinazione di oggi è Bonifacio, o meglio Bunifaziu.
La ramanzina di ieri è stata salutare, infatti, puntuali come tanti orologi svizzeri, alle 8 siamo tutti pronti alla partenza e dopo aver preso posto sui nostri bei pulmini, iniziamo l’odierna avventura. Purtroppo due dei nostri pulmini prendono la direzione sbagliata, però, grazie all’intervento di Marco e Alga (simpaticissimi amici di Agostino e Nadia), il problema viene rapidamente risolto e così si può comporre la colonna dei 5!
Durante il percorso, sosta pane! Dobbiamo infatti procurarci il pane per il pranzo di mezzogiorno e allora, per non perdere troppo tempo, Antonio (il capo), dopo aver preso gli ordini, entra in una panetteria e ne esce con una bracciata di baguettes da fare spavento!
Lungo la strada siamo colpiti dalle rotonde che incontriamo, o meglio, dai “ghjratoghju”, come sono chiamate da queste parti,. Sono tutte molto belle, alcune bellissime, e notiamo che tutte hanno il nome.
Arriviamo all’Ermitage de la Trinité che si trova in una posizione incredibile! Tutto circondato da rocce di granito che sembra quasi vogliano proteggere la chiesa e l’annesso Oratorio di Notre Dame de Tibhirine che è dedicato a sette monaci martirizzati in Algeria. Peccato che non possiamo visitare né l’una né l’altro perché chiusi, quindi ci accontentiamo di leggere le informazioni che ci sono all’esterno. Qui, oltre al rito della Via Crucis, viene celebrato anche quello della Via Lucis, che è il rito cattolico che ricorda la vita di Cristo dopo la sua resurrezione. Qui viene anche venerata l’immagine del Volto Santo, conservata a Manoppello in Abruzzo. Di fronte alla chiesa, in una grotta formata sotto enormi massi, vi è una statua della Madonna davanti alla quale ci sono tanti lumini, fiori e “remerciements”. Dopo un pensiero ed un ultimo sguardo alla croce che dalla roccia più alta domina la zona, imbocchiamo il sentiero che ci porterà sulla costa.
Scendiamo fiancheggiando incredibili rocce di granito di un lieve colore grigio-rosato, che le forze della natura hanno modellato creando vere e proprie opere d’arte. Ognuno di noi vede in esse figure diverse: chi un cane, chi un dinosauro, chi una tartaruga ….
Scendendo sul sentiero “de Fenu”, attraversiamo una spiaggia su cui vi è uno spesso strato di alghe. Ma il prof. Lavagna, che spesso ci erudisce, ci spiega che in effetti si tratta di resti di posidonia, una pianta del mare.
Imbocchiamo la Strada Vecia Madunetta che “conduce sulle tracce del patrimonio storico di Bonifacio”. Il sentiero si snoda attraverso la fitta macchia mediterranea e per lunghi tratti è delimitato da muretti a secco ben conservati.
Arriviamo alla Cala di Paraguan. Il vento, che da un po’ ha cominciato a soffiare, ci toglie l’ultima speranza di poter fare un bagno, così ci accontentiamo di guardare quell’acqua cristallina e continuiamo a camminare! Dopo un pò, sotto di noi, vediamo il Faro del Capo o Faro della Madonetta.
Il panorama è bellissimo. Il granito ha ormai lasciato il posto al calcare e vediamo il mare che si frange contro la falesia bianca, rimbombando nell’aria. Il vento è aumentato notevolmente. Quattro di noi decidono di non scendere al faro perché nella discesa c’è un punto un po’ brutto e poi …. bisogna risalire!!! Una dei quattro, purtroppo, sono io e mi dispiace tanto. Comunque ci consoliamo perché di fronte a noi si apre un panorama mozzafiato: la costa della Sardegna con Santa Teresa di Gallura e l’isola di Lavezzi e alla nostra sinistra la cittadella medioevale di Bonifacio sulla scogliera.
I nostri prodi che sono scesi al Faro sono tornati entusiasti e tutti insieme riprendiamo il sentiero in mezzo alla fitta e bassa macchia mediterranea nel cui verde spiccano il bianco ed il rosa del cisto, la lavanda e l’elicriso.
Il vento si fa sempre più forte e ci si rende proprio conto che l’uomo nulla può contro le forze della natura che sono in grado di condizionare ogni cosa, dalla forma delle rocce, alla crescita delle piante, alle attività umane.
Il profondo fiordo di Bonifacio è davanti a noi. È un’insenatura naturale profonda 1600 metri e larga al massimo 150.
Dopo un altro bel po’ di strada, arriviamo finalmente alla Marina di Bonifacio e, come per magia, arrivano i nostri pulmini e così, grazie ai nostri insuperabili autisti, possiamo salire alla cittadella comodamente seduti! Arrivati nel centro storico ci sparpagliamo in giro attraverso le strette stradine immutate da secoli e, chi prima chi dopo, vediamo tutti le stesse cose: l’Eglise de S. Croix, l’Escalier du Roy d’Aragon (187 scalini scavati nella scogliera), per ritrovarci poi, a scaglioni, nel più antico Caffè di Bonifacio (dobbiamo pur ripararci un pò dal vento!).
E lottando proprio contro il vento, cercando di aggrapparci a qualche ringhiera o ad una persona vicina per non essere sbattuti per terra, arriviamo dal Cimitero, dove ci sono i nostri pulmini che aspettano!
Ma, Agostino, Fulvio, Antonio (il capo), Rino e Angelo, sono autisti o sono maghi? Comunque, qualsiasi cosa siano, sono ECCEZIONALI!!!
E così, dopo aver percorso 9,5 km con un dislivello di 423 m in su e 553 in giù, impiegando un tempo totale di 5,37 ore, di cui 3,15 in movimento, con un consumo di 2400 calorie (dati tecnici forniti da Claudio), rientriamo a “U paesolu”… stanchi ma felici della bellissima giornata trascorsa (come si scriveva, ai miei tempi, alla fine dei temi nelle elementari!).
Lunedì 29 aprile 2019
LE CIME DI BAVELLA
Autrice: Michela
Oggi destinazione montagna!
Partiamo in direzione Colle della Bavella, che si trova a 1215 metri di altitudine, nella parte sud del Parco Regionale della Corsica.
Con i nostri cinque pulmini facciamo un giro ad anello, passando in andata da Solenzara ed in discesa da Zonza e Porto Vecchio. Salendo, ci fermiamo ad ammirare una grossa quercia, che è cresciuta fra due massi, formando con questi un unico complesso.
Al Colle il panorama è splendido: le Cime o Guglie di Bavella si susseguono con picchi di granito dalle varie forme spettacolari.
Da qui inizia la nostra escursione.
Attraverso un bel bosco di pino laricio, arriviamo alla meta odierna: una roccia caratteristica, la Trou de la Bombe, a 1350 metri.
Si tratta di una parete con un grosso foro centrale, raggiungibile con una breve arrampicata. Picnic ai piedi della roccia, e poi via rapidamente, perché il cielo si è oscurato.
Cadono per pochi minuti dei chicchi ghiacciati, ma poi torna il sereno. Arriviamo ad una radura molto bella, con la cappella della Santissima Vergine. E’ chiusa, potremmo tornare il 15 Agosto, giornata in cui viene aperta per la festa!
Ripartiamo con i pulmini, ci fermiamo a vedere un branco di porcelli corsi, ci sono anche dei cuccioli molto piccoli.
Arriviamo alla località Ospedale, a circa 900 metri, dove ammiriamo un vasto lago artificiale, in cui si riflettono i pini e le montagne.
Altra sosta in un punto panoramico lungo la discesa, da cui si vede la costa sud-orientale dell’isola, con le sue insenature.
Oggi l’organizzazione con i pulmini è stata ottima, ci siamo sincronizzati alla perfezione, stiamo imparando e ha regnato il buon umore e la soddisfazione nel gruppo.
Martedì 30 aprile 2019
PROMONTORIO DI ROCCAPINA
Autrice: Marilena
È una bella giornata di sole e dopo una lauta colazione, alla mattina alle 9 partiamo a bordo dei cinque pullmini guidati dai nostri fidi autisti, più un’ auto al seguito. Percorriamo la strada interna che da Porto Vecchio porta alla costa occidentale dell’isola e, dopo un breve tratto di litorale, prendiamo una sterrata che scende verso il mare e raggiungiamo un posteggio, dove lasciamo i pullmini.
Proseguiamo a piedi lungo la sterrata e ci avviciniamo alla formazione rocciosa, detta “Rocher du lion”, che ci sovrasta imponente, spiccando sul verde della folta vegetazione di arbusti con le sue rocce nude ed erose dal vento. Pare che il nome della roccione derivi dalla forma che sarebbe simile ad un leone accovacciato, ma per quanto cerchi di trovare una somiglianza che giustifichi la denominazione, non riesco a vederla….
Intanto imbocchiamo uno stretto sentiero ed è più opportuno sospendere la ricerca e guardare per terra…Stiamo aggirando il roccione verso est, saliamo leggermente ed arriviamo in vista della costa: il mare e la spiaggia d’ Erbaju, una visione splendida.
Scendiamo verso la spiaggia, ma dobbiamo fermarci: un partecipante ha avuto un piccolo incidente, forse anche lui cercava di vedere la forma del leone nascosta nella roccia, oppure è stato distratto dalla bellezza del paesaggio circostante, non so, comunque ha inciampato e ha anche smarrito il cellulare… Mentre viene medicato e si cerca il cellulare, chi non è coinvolto approfitta della sosta per chiacchierare e godere di quanto sta intorno: siamo circondati dalla macchia mediterranea, che qui si è fatta più bassa di prima ed è punteggiata dai fiori bianchi del cisto e da quelli viola della lavandula stoechas, più in basso la lunga striscia di sabbia bianco- rosata e il mare, azzurro intenso, che la lambisce placido…nessuna casa intorno, nessun essere umano, a parte noi, solo vegetazione, cielo, sabbia, mare…. mi domando se anche d’ estate sarà così tranquillo e selvaggio…ne dubito… .
La pausa contemplativa è terminata, per fortuna tutto si conclude bene: la caduta con un’ escoriazione, la perdita del cellulare con il suo ritrovamento. Riprendiamo il cammino e in breve arriviamo alla spiaggia d’Erbaju, a nord del promontorio, due chilometri di sabbia finissima contornata di dune, colonizzate da vecchi cipressi, tutti contorti e nodosi… ma ecco che qui troviamo i primi segni di… inciviltà : numerosi cocci di bottiglie dai bordi ancora taglienti sembrano essere la risposta al mio interrogativo di poco fa… sicuramente saranno stati lasciati dai vacanzieri della scorsa estate, il mare non ha avuto modo di corroderli.
Percorriamo la spiaggia verso sud, in direzione del promontorio roccioso e ci imbattiamo in una grossa boa, con una lunga e pesante corda con la quale alcuni amici improvvisano giochi di tiro alla fune, incoraggiati dalla tifoseria del resto della comitiva.
Avanzando ancora vicino alla riva, arriviamo al promontorio, che allunga le sue propaggini rocciose dalle forme curiose sino al mare. Ci arrampichiamo un po’ per esplorare meglio ed ammirare le rocce, poi torniamo sui nostri passi per un breve tratto, avvolti dal profumo dell’ elicriso, che in quel punto regna sovrano ed imbocchiamo il sentiero che porta alla torre genovese che domina il promontorio.
Raggiungiamo la meta dopo una mezz’ora circa di salita: è una bella costruzione in pietra ,che non è accessibile e presenta i segni del tempo, in quanto una parte della copertura è crollata. Qui in Corsica ci sono molte torri genovesi: una domina proprio il golfo di Pinarello, in prossimità del quale siamo alloggiati e abbiamo avuto modo di ammirarla durante la nostra prima escursione sull’isola. Non sono molto ferrata in storia locale, ma so che i Genovesi possedettero l’isola per molti secoli e la cedettero ai Francesi nel 1768, solo un anno prima della nascita di Napoleone. In prossimità della torre ci siamo fermati ed abbiamo consumato il nostro pranzo al sacco ammirando il mare di un azzurro incredibile e da un lato ,a sud, la spiaggia di Roccapina, a nord quella d’Erbaju, dalla quale eravamo saliti .
Dopo la breve sosta, siamo ridiscesi dal promontorio e siamo arrivati alla spiaggia di Roccapina, anche questa molto estesa e di sabbia finissima. Qui abbiamo incontrato altre persone, estranee al nostro gruppo, che prendevano il sole. Noi abbiamo cercato riparo dal vento a ridosso delle rocce del promontorio e quattro o cinque coraggiosi hanno sfidato il freddo buttandosi nelle limpide ma gelide acque del mare, mentre i più si sono accontentati di prendere il sole o di passeggiare lungo la battigia, tornando a scrutare le formazioni rocciose alla sommità del promontorio,…chiedendoci sempre il perché del nome “…du lion”, che continuava a restare incomprensibile..
In un attimo è giunto il momento di rivestirsi e tornare ai pullmini, che di lì abbiamo raggiunto con un breve tratto di strada sterrata. Raggiunta la strada asfaltata, l’abbiamo percorsa in senso opposto, fermandoci quasi subito al Belvedere, con uno spiazzo ad uso posteggio, bar –ristorante ed un piccolo museo. Di lì c’era una bellissima vista sul litorale e sul promontorio, ed abbiamo finalmente sciolto l’ enigma del nome: la parte sommitale della roccia aveva veramente la forma di un leone sdraiato… Eravamo già passati di lì all’andata, ma non l’ avevamo visto, ora invece, appariva evidentissimo!
Mercoledì 1 maggio 2019
ERMITAGE DE LA TRINITÉ – LA TONNARA
Autrice: non pervenuta
Giovedì 2 maggio 2019
DA COL BAVELLA (1218 m) AL REFUGE PALIRI (1040 m) PER FOCE FINOSA (1206 m)
Autrice: Antonietta
Scendendo dai pullmini siamo subito attratti dall’imponenza delle guglie di Bavella, chiamate anche “Torri d’Asinao” dal nome del torrente che scorre ai loro piedi. E’ un insieme di cime dentellate e frastagliate d’aspetto dolomitico, risparmiate dall’erosione glaciale dell’epoca quaternaria in porfido rosso che, a seconda della luce, assumono colorazioni dal violetto, al blu, al malva.
In 37 iniziamo il sentiero in discesa in mezzo agli alti pini della foresta del Parc Naturel Regional de Bavella rallegrato dai colori vivaci dei ciclamini. Sono le 9,30, e l’aria è frizzante, ma la giornata promette di mantenersi soleggiata. Guadiamo con baldanza il ruscello S. Pietro ma all’inizio della salita i passi diventano meno decisi, chiacchiere e risate diradano: siamo concentrati ad evitare le trappole delle radici e dei sassi anche se non possiamo fare a meno di lanciare fugaci occhiate ai fiori di varie qualità e colori.
La salita è lunga, ma arriviamo abbastanza compatti a Foce Finosa, dove ci concediamo una pausa e cominciamo ad ammirare il paesaggio montano con sfondo marino. Il gruppo si sfalda perché una decina di amici, sentendosi soddisfatti, decidono di non proseguire. Gli altri riprendono il sentiero ora in discesa. L’aria intiepidita sprigiona profumo di resina ed aromi di erbe selvatiche. Gli audaci avanzano veloci e poi aspettano il gruppo per aggiornarlo sulle difficoltà del sentiero.
Quando ricomincia la salita, dopo aver aggirato un torrione roccioso, il bosco è più rado ed accogliente. Il percorso è lungo, finalmente raggiungiamo il Rifugio Paliri (commune de Conca). Il paesaggio è grandioso, spazia verso il mare con promontori ed isolette ed è dominato dal massiccio di Bavella in granito. Notiamo la ripida Calanca Murata e la cresta tafonata di Paliri.
Un cartello spiega che il massiccio è uno dei siti più importanti della Corsica, offre possibilità di scalate e passeggiate eccezionali lungo il G20. Gli escursionisti fortunati possono incontrare il muflone (animale maestoso emblema della montagna corsa-ne esistono due colonie: sul massiccio Bavella e sul monte Cinto), il gipeto barbuto (uccello simbolo della montagna corsa con un’apertura alare fino a 27 m) o la minuscola sittelle corse (“a pichjasorda” la sola specie di uccello endemico in Francia presente esclusivamente nelle foreste di pino lariceo della Corsica). Leggiamo che il sito è stato in gran parte devastato da un incendio nel 1960, dopo di che si è provveduto al rimboschimento con 120000 alberi di pino marittimo, pino laricio, cedro del Libano e castagno (che resiste al fuoco).
Con rapida esplorazione scopriamo un roccione forato che battezziamo “mela bacata” e scatena nei più lo spirito ludico, ci mettiamo in fila per attraversarlo e sbucare in alto come bruchi soddisfatti… Poi viene il momento di rosicchiare le nostre provviste e ripartire. Scatta anche il “thriller moment” quando qualcuno non si ritrova il portafoglio in tasca, ma la volata al punto di partenza risolve felicemente il problema.
Dice il saggio: “Tutto e’ bene quel che finisce bene”.
Venerdì 3 Maggio 2019
RITORNO A CASA
Autrice: Annamaria
Stamattina la sveglia è stata più… umana, forse per consolarci per la fine della vacanza!
Colazione con il solito ricco buffet; in perfetto orario bagagli pronti per il carico pulmini.e partenza.
I cinque equipaggi, imbarcati con una sincronia perfetta, lasciano U Paesolu già con un po’ di nostalgia!
Il viaggio verso Bastia fila tranquillo, tempo abbastanza bello, solito paesaggio di campagne, mare in lontananza e montagne che dominano. E’ prevista una visita al centro città, ma il traffico e la difficoltà di parcheggio ci limitano ad una passeggiata in auto attraverso il centro storico con vista sul porticciolo dei pescatori e fuga verso un parcheggio più esterno, vicino al porto.
Qui, abbandonati tutti i nostri mezzi, ci precipitiamo alla ricerca di un Supermercato (a dir la verità i supermercati abbondano) per gli ultimi acquisti/pensierini regalo e per un pranzo leggero in attesa dell’imbarco.
Eccoci sulla nave che ci riporta definitivamente alla fine dell’impresa. A bordo ci disperdiamo tra saloni confortevoli e terrazza all’aperto per i temerari desiderosi di godere al meglio del panorama e del sole (un po’ latitante). Costeggiamo per un lungo tratto il “dito” poi il mare aperto un po’ mosso.
Per una strana magia dopo qualche tempo siamo di nuovo tutti radunati nel salone: qualcuno legge, qualcuno si impegna con cruciverba e sudoku, qualcuno rivede fotografie e qualcuno cede ad un pisolino, ad un tavolo è in corso una sfida a burraco, altri si rilassano ascoltando il cantante che si esibisce con un repertorio …per ogni età! Poi pronti per la cena di commiato servita sulla nave e decisamente abbondante..
Ormai siamo in vista delle luci di Vado e Savona, è il momento dei saluti, si incrociano abbracci, baci…a presto…alla prossima volta…! Un po’ di rimpianto e anche un po’ di commozione soprattutto per chi si vede più raramente.
A questo punto è assolutamente d’obbligo un grandissimo ringraziamento a Nadia, Agostino e Antonio che hanno preparato un bellissimo programma tagliato su misura per noi e ci hanno amorevolmente accompagnato con grande pazienza . Grazie anche a tutti i bravissimi autisti!!!
ALLA PROSSIMA!
Le mappe, complete di percorsi e relativi dati, sono state fornite da Claudio Naso
Le fotografie sono di Alberto Boetti, Antonio Mesturini, Luciano Leproni.