L’Alpinista 2020
È disponibile on line l'annuario della Sezione CAI di Mondovì
L’Alpinista numero 41, spedito ai soci della Sezione CAI di Mondovì lo scorso dicembre, è disponibile anche on line. Per leggerlo o scaricarlo è sufficiente cliccare qui.
Per chi non conoscesse l’annuario, uscito per la prima volta nel 1967, proponiamo la presentazione a firma di Marta Borghese, pubblicata sul numero 40.
Non è tanto a guardarle dietro al vetro impolverato di qualche scaffale che le edizioni degli anni passati mettono in soggezione. È a sfogliarne le pagine ingiallite dal tempo, battute a macchina, disegnate a china, testimoni d’un alpinismo e d’un associazionismo d’altri tempi, ma determinate, nel loro trasformarsi, a rimanere fedeli a sé stesse e allo scopo originario, quello di raccontare la vita della Sezione CAI Mondovì.
Il traguardo è di quelli che meritano: quarant’anni sono abbastanza da potersi guardare indietro e sentirsi un po’ figli, un po’ orfani, forse, di quella stagione pionieristica ed eroica dell’alpinismo monregalese, a maggior ragione oggi, senza Giorgio Mongardi, che quelle imprese contribuì a scriverle, e senza Franca Servetti, che per tanti anni confezionò personalmente la rivista ciclostilandola nella sua copisteria di corso Statuto 7.
Eppure, a leggere le pagine d’allora, si fa presto a comprendere come anch’essi si sentissero orfani di quei padri che avevano portato nelle nostre valli l’alpinismo sportivo: Sandro Comino, Tino Prato e Piero Garelli in prima battuta. Invece, tante pagine erano ancora da scrivere: la nascita del Gruppo Speleologico Monregalese “Sandro Comino”, quella del Gruppo Alpinistico Marguareis, l’allestimento della Palestra dei Distretti Beppino Avagnina, la costruzione del Bivacco “Cavarero («Lo costruiremo quest’estate in alta valle Corsaglia», annunciava Cin Billò sul numero del gennaio 1970), la grande stagione di Gianni Comino e, venendo agli anni più recenti, i Sassisti della Maudagna Valley, lo sviluppo dello scialpinismo e della scalata su ghiaccio, senza tralasciare gli sforzi enormi per la ricostruzione e la riqualificazione dei rifugi sezionali.
Cambiano i volti, i nomi, le imprese, cambiano i mezzi e la strumentazione con cui affrontarle, e cambia, con essi, anche il nostro Alpinista dalla macchina da scrivere al pc, dal bianco e nero al colore, introdotto (esclusivamente per la copertina) all’altezza del 1983, con un rinnovo della veste tipografica approvato dal Consiglio Direttivo nel dicembre del 1982.
L’edizione attuale è frutto del lavoro di tanti soci di tutte le età, che hanno dato il loro prezioso contributo per la redazione della rivista che oggi sfogliamo. Gran parte del merito, oltre all’attuale presidente, Davide Avagnina, al Direttivo e agli sponsor che l’hanno reso possibile, va riconosciuto al consigliere Giorgio Aimo, vera e propria anima della rivista sezionale. L’invito è a leggerla, oggi come allora, con quel senso di comprensione al quale facevano caldamente appello i redattori della prima edizione: «Migliorerà, si completerà, se ci farete pervenire i vostri rilievi, i vostri articoli».
Marta Borghese